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La mia sanguigna dipinge la vallata
il mio spogliato corpo,
la tua anima esaltata.
La libertà riposa in una bruna china:
il tempo non scandisce e nell'istante
incrina.
Son priva degli appigli per riposare il dito,
io so che cosa stringo:
quest'ambito s'è infittito.
Le chiome sono sciolte e a fondo attorcigliate
intrise di rossiccio in gravide nottate,
di quelle spade tonde e degli antichi ferri
trattengono nel tempo il battito avvolgente
del mio infinito libro
e il volto mi rinserri.

 

Io da sanguigna intingo la mia pelle,
il tuo scavato orto,
le pallide tue ancelle.
La libertà risiede in una insorta cima:
il tempo non tradisce e nell'istante
inclina.
Son senza amato corpo per riposare il mito
che cosa tingo affine
se oggi anche nel crine
quell'iride floriale in viscere d'udito
mi traccia in segni emblemi
e in direzione addito?

 

La tua sanguigna bruna sulle stelle
il tuo sognato cirro,
le mie fertili celle.

La verità mi ferma la sua riposta lima:
il tempo non perisce e nell'istante
rima.
Son senza un vero porto per ritornare lago
che cosa stringo dunque se non l'incline spago
che oggi io ti ricamo
nel tuo risorto corpo,
tessendo nel tragitto,
verso mantico risolto.

 

[ Da Flordimanto, Edizioni Gazebo ]

 

 

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